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Un videoclip dedicato agli anziani presenti nella casa di riposo di Nuraminis.
Sono la nostra memoria storica.
Non dimentichiamoli.

Parla il Sindaco di Nuraminis:
Dal mio primo articolo sulla cava di Bia Segariu, nota alla comunità di Nuraminis-Villagreca come la cava di Monte Is Crucuris, oltre i pochi fatti certi che ho potuto appurare (ed esporre nei tre articoli precedenti), hanno iniziato a girare una serie di notizie prive di riscontro obbiettivo propalate dalle più varie fonti. Dato che il compito di chi informa è quello di fornire notizie comprovate, ho iniziato una “caccia ai protagonisti” che si è protratta per oltre un mese (e si protrae tuttora).
Oggi è la volta della storia di Bia Segariu raccontata dal Sindaco di Nuraminis Luciano Cappai che mi ha concesso gentilmente una lunga intervista sabato scorso (6 settembre) e permesso di consultare la documentazione comprovante le sue dichiarazioni (9 settembre).
Voglio precisare il fatto che questa amministrazione ha messo a mia disposizione due faldoni di documenti inerenti la vicenda di Bia Segariu da consultare e la cosa è meritevole di nota.

Ritengo sia molto importante fare riferimento alle date in maniera tale che sia ben chiaro lo svolgimento temporale di tutta la vicenda che sembra assumere nuovi sviluppi di giorno in giorno.
Ecco, in sintesi, quanto racconta il Sindaco Luciano Cappai sulla vicenda della cava, vissuta, ovviamente, dalla parte dell’Amministrazione Comunale di Nuraminis.
…La vicenda della cava, almeno per quanto riguarda questi ultimi avvenimenti, si può iniziare a datare dal Febbraio 2008 quando, come Amministrazione, riceviamo una lettera da parte dell’Assessorato all’Industria della Regione Sardegna nella quale ci comunicano di aver accettato il subentro della Ditta F.lli Locci al posto della Ditta COSMOTER di Vincenzo Foddi per i lavori di coltivazione di cava di Bia Segariu (c.f.r.: lettera da R.A.S. data 12/02/2008; lettera da R.A.S. data 21/02/08; lettera da R.A.S. data 25/02/08).
In sintesi il contenuto della comunicazione esprime il fatto che, nelle more della verifica del piano di cava e di ripristino, viene concessa comunque l’autorizzazione alla coltivazione di cava (c.f.r.: evidentemente l’autorizzazione si riferisce al progetto di cava presentato nel 2005 dall’allora detentore dei diritti, COSMOTER di Vincenzo Foddi).
…A maggio 2008 si presenta uno dei titolari della ditta F.lli Locci annunciando l’imminente inizio dei lavori di cavazione, come da permessi ottenuti; l’Amministrazione, pur non avendo più alcuna competenza in materia, neppure potere consultivo, sottolinea l’importanza di evitare violazioni al paesaggio e, contestualmente richiede alla ditta F.lli Locci una polizza fidejussoria a garanzia per eventuali danni arrecati alla strada di collegamento tra Villagreca a Nuraminis, strada utilizzata dai mezzi uscenti dalla cava e non progettata per sostenere un tale traffico pesante.
La ditta Locci, per bocca del suo rappresentante acconsente alla richiesta e garantisce il rispetto dei luoghi e la loro rinaturalizzazione al termine dei lavori provvedendo, inoltre a ricolmare il grosso sbancamento preesistente ai piedi della collina per poi ripiantumarlo (c.f.r.: da Comune di Nuraminis a ditta F.lli Locci -data 23/05/2008- Richiesta polizza fidejussoria, importo 25.000 euro).
Sempre in questo periodo viene contattato telefonicamente l’Assessorato all’Ambiente della RAS che conferma la propria incompetenza sul caso, trattandosi di un subentro all’attività di cava e non della creazione di una nuova cava.
Nel frattempo l’Amministrazione monitorizza, in maniera molto discreta, i lavori di estrazione di cava e quando ci si rende conto che l’attività aggredisce il fianco della collina (parte visibile da Villagreca) si ritiene che, con tutta probabilità, qualcosa non vada per il verso giusto e ci si attiva.
Il cosidetto “casus belli” capita quando riceviamo, continua a raccontare Luciano Cappai, una telefonata da parte di un cittadino di Villagreca il quale segnala la rottura di un tombino nella strada percorsa dai camion della ditta Locci.
Mi sono attivato personalmente in compagnia dell’assessore Cabras, prosegue il Sindaco, e con l’aiuto della cooperativa siamo riusciti a coprire il tombino spaccato con una lastra d’acciaio, in attesa di ripristinare lo stato dei luoghi. .
…Sempre in via informale ho richiesto la presenza dei responsabili della cava in ufficio per chiarire la questione; cosa avvenuta il lunedi successivo ove ho provveduto, per correttezza, a metterli al corrente dei passi in essere da parte della nostra amministrazione.
I passi che ho mosso, racconta ancora il Sindaco Cappai, riguardavano il contatto con l’Assessorato all’Industria dove (probabilmente causa ferie di agosto) non ho trovato nessuna risposta soddisfacente; ho poi cercato di contattare direttamente l’assessore all’Ambiente Cicito Morittu, in quel frangente impegnato, successivamente con Ignazio Pau cui ho esposto il problema in tutta la sua urgenza.
Va sottolineato, per correttezza, che, durante lo svolgersi dei fatti , ho ricevuto la visita di un rappresentante della ditta F.lli Locci che ha fatto presente l’inizio da parte loro dell’attività dei lavori di messa in sicurezza e di ripristino mediante la realizzazione di gradoni e la spiegazione di come avrebbero provveduto alla rinaturalizzazione dell’area (c.f.r. lettera da ditta F.lli Locci a Comune Nuraminis data 08/08/2008)
Inoltre ho contattato il Prefetto, dott. Gullotta (impegnato in quel momento) ed il vice Prefetto Vicario, dott. Bruno Corda il quale, oltre alla promessa di un immediato interessamento personale mi ha anche consigliato quali altre strade percorrere. Strade che sono state quella di contattare il Comandante del Corpo Forestale, dott. Delogu che, pur essendo in ferie, si è immediatamente attivato e richiedere, inoltre l’intervento del NOE del Corpo dei Carabinieri (Nucleo Operativo Ecologico oggi Comando dei Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente), anche loro attivatisi immediatamente dopo la richiesta scritta (c.f.r. fax da Comune di Nuraminis a NOE – data 06/08/2008).
C’è da dire, continua Luciano Cappai, che gli interventi delle autorità contattate sono stati immediati, tanto è vero che dopo alcuni giorni, preannunciata da una telefonata, mi veniva notificato il decreto di sospensione dei lavori nella cava a seguito dell’ispezione del Corpo Forestale (c.f.r. lettera da RAS a Comune di Nuraminis data 14/08/2008).
Dal rapporto della Forestale risulterebbe che la ditta Locci non ha rispettato il piano di cava che era momentaneamente in essere(c.f.r. il decreto parla di violazione degli artt. 19,20,21 e 42 della L.R. 30 del 07/06/1989) ma non avendo ancora copia della relazione ispettiva non ci si può inoltrare ancora in dettagli precisi, quindi quando vi saranno le copie delle relazioni (Corpo Forestale e NOE) si potranno valutare i dettagli.
(NOTA- Dai documenti esistenti presso l’amministrazione comunale di Nuraminis, si può ipotizzare che, in mancanza di un progetto successivo approvato dalla RAS che andrebbe a sostituire quello che ha posto in essere in primis l’attività di cava (progetto redatto dai Geologi Lorenzo e Luciano Ottelli, committente ditta Foddi Vincenzo), vale, appunto, il progetto depositato presso il Comune di Nuraminis da parte di Vincenzo Foddi ed in questo progetto, sulla mappa che illustra le future espansioni della cava, monte Is Crucuris viene solamente lambito dal piano di cava).
Parlando della cava rispetto all’ambiente, il primo cittadino di Nuraminis concorda col fatto che si tratta di obbrobrio ambientale ma che il nocciolo del problema non sta tanto nell’operato della ditta Locci in se stesso, bensì in chi ha rilasciato le autorizzazioni o meglio, nel meccanismo di rilascio delle autorizzazioni che hanno portato, come risultante, la realizzazione di questa (si fa per dire) opera.
Ciò che Luciano Cappai ritiene grave è che, per poter arrivare ad estrarre poche migliaia di metri cubi di materiale argilloso (utilizzato, così sembra, per impermeabilizzare un sito di discariche pericolose a Macchiareddu), si siano estratte dalla collina centinaia di migliaia di metri cubi di materiale senza alcun valore industriale. Oltre ciò è preoccupato per la non messa in sicurezza del sito in quanto, essendo come detto prima, composto prevalentemente da materiale friabile è a rischio frane. Non che si possa verificare una frana con conseguenze pericolose per la comunità ma, in caso di piogge persistenti, si potrebbe creare una “valanga” di fango che, con tutta probabilità inonderebbe la strada adiacente e riempirebbe di fango i campi coltivati circostanti con tutte le conseguenze del caso.
Il Sindaco Cappai conclude la storia della cava di Bia Segariu considerando il fatto che, a causa delle ferie di agosto molti funzionari (e politici) non erano reperibili o, comunque non avevano chiaro il quadro della situazione, non dimentichiamolo, si è evoluta in pochissimo tempo. Nel momento in cui tutte le attività riprenderanno regolarmente si riuscirà ad avere un quadro di intenti e di azioni molto più chiaro e si capiranno meglio gli sviluppi di questa situazione in modo tale si possa agire di conseguenza, ricordando che, in qualsiasi caso, tutte le azioni poste in essere dall’amministrazione da lui guidata, saranno improntate al rispetto delle regole anche se questo porterà a doversi muovere con una notevole cautela; cosa che, in questi casi, potrebbe sembrare antitetica rispetto all’urgenza venutasi a creare.
Riguardo l’informazione sulla vicenda della cava, il Sindaco mi ha assicurato che a tutti coloro i quali hanno chiesto informazioni sull’argomento, ha dato le stesse risposte che voi state leggendo e, comunque, un quadro relativamente chiaro della situazione si sta cominciando a delineare solo adesso.
Ma questa è un’altra storia.
Giorgio Ghiglieri

I PADRI DELLA PROTESTA

La cava di Bia Segariu è bloccata da un decreto sospensivo della RAS dal 13 agosto; tale procedimento è stato posto in essere a causa delle proteste nate all’interno della comunità di Nuraminis – Villagreca.
Leggendo i quotidiani locali si deduce subito che questa protesta porta a due leader che, a giudicare dal tenore degli articoli, rivendicano entrambi la paternità della leadership della protesta.

Uno è Carmelo Spiga, Villagrechese doc, emigrato oltre 30 anni orsono ad Udine, impegnato politicamente nella sua città di adozione e culturalmente nella sua terra natia, coautore del libro sui tesori sorico-archeologici di Villagreca, allievo ed amico del battaglieri parroco di Villagreca don Leone Porru.

L’altro è il sindaco di Nuraminis, Luciano Cappai da una vita sulla poltrona di sindaco e troppo indaffarato per poter rispondere alle mie domande.
Questi due signori, a modo loro, hanno organizzato una protesta contro l’utilizzo della cava, uno dal lato di Villagreca e l’altro dal lato di Nuraminis (mettersi d’accordo e muovere un’azione comune è, evidentemente, troppo complicato), per cui sarei dell’opinione di assegnare ex aequo la paternità dell’azione di protesta.

Paternità che, tra breve, potrebbe risultare alquanto scomoda in quanto questo blocco della cava potrebbe portare, alla lunga, ad una conseguenza poco piacevole per entrambe le comunità.
Dall’analisi delle carte sull’attività della cava di Bia Segariu (Monte Is Crucuri) si evince il fatto che la zona, non essendo interessata ad alcun vincolo (ambientale e/o archeologico), non avendo alcuna peculiarità di sorta, avendo in essere una cava antecedente alla Legge Regionale 15 del 9 agosto 2002, non ha problemi ostativi per continuare ad essere una cava.

Questo significa che, pur lavorando la cava in regime di concessione provvisoria, non sussitono problemi tecnici che ne possano impedire l’attvità estrattiva.

Il decreto sospensivo è stato attuato a causa delle proteste della comunità in quanto la Regione Sardegna non pone alle sue scelte un carattere impositivo ma cerca, ove possibile, di trovare un punto di condivisione con le comunità interessate.
Quello che sanno in pochi è che l’attvità nella cava di Bia Segariu sarebbe dovuta proseguire ancora per un altro mese e, subito dopo sarebbero iniziati i lavori di messa in sicurezza dei luoghi ed il ripristino ambientale, secondo gli accordi presi preventivamente con la Regione Sardegna ed in base ai progetti presentati contestualmente alla richiesta di concessione per la coltivazione di cava.

Questo progetto di rinaturalizzazione (di cui pubblicherò quanto prima le immagini di simulazione su come sarà l’area appena terminati i lavori di ripiantumazione), anche se non riporterà monte Is Crucuri nelle sue condizioni originali, creerà comunque un’area verde con un impatto visivo certamente migliore di quello che si ha oggi della collina.

Da fonti attendibili risulta che la ditta F.lli Locci (i titolari della concessione di Bia Segariu) hanno accennato all’utilizzo della manodopera locale per i lavori di rinaturalizzazione; si parla quindi di creazione di posti di lavoro, anche se temporanei a beneficio della comunità.
Secondo gli intenti comuni, si sarebbe dovuto sopportare un altro mese di lavoro estrattivo, a seguire i lavori di messa in sicurezza e consolidamento dell’area e, a novembre, l’inizio della ripiantumazione.

Oggi su tutto questo pesa un grosso punto interrogativo dovuto allo stop dei lavori a causa della protesta.
Se noi consideriamo che, dal punto di vista contrattuale, la ditta F.lli Locci ha, sino ad un attimo prima del blocco dei lavori, tenuto fede ad i suoi impegni (e vorrebbe tenere fede a tutti i termini del contratto se gli viene permesso), risulta ovvio (ed è anche un loro diritto) il loro ricorso sulla decisione di blocco.

Ora, se il blocco dovesse protrarsi per lungo tempo, la cava potrebbe diventare per loro un affare assolutamente antieconomico e nulla vieterebbe loro di andare via, abbandonando la cava.
Ovviamente, dovendosi realizzare un simile scenario, è scontato che si creerà un contenzioso tra loro e la Regione Sardegna bloccando anche (e soprattutto) un eventuale utilizzo della fidejussione che la ditta Locci ha sottoscritto in favore della RAS a garanzia dei lavori di ripristino. Stessa cosa varrà per la fidejussione che, sempre la ditta Locci, ha sottoscritto col comune di Nuraminis per il ripristino dei tratti di strada utilizzati per il transito dei camion.

Considerando la durata di un contenzioso è facilmente prevedibile che la comunità di Villagreca e quella di Nuraminis (perchè poi le due comunità vogliano restare separate per me resta un mistero…) si terranno il monte Is Crucuri ridotto ad un cumulo di macerie per parecchi anni e, nel caso in cui la RAS perdesse il contenzioso i soldi per risanare la zona usciranno, come sempre, dalle nostre tasche.

Per cui questa protesta, nata clamorosamente in ritardo, rischia di produrre due risultati non molto piacevoli: ci si tiene una collina ridotta ad uno scempio e si butta alle ortiche la possibilità di avere dei posto di lavoro per gli abitanti della zona.
Quando si dice lungimiranza……

Dal punto di vista strettamente personale ritengo che, in qualsiasi caso, lo scempio ambientale (come quello archeologico o, peggio, culturale) siano degli autentici delitti contro la comunità.
Occorre però essere realisti e, in una situazione come quella di Bia Segariu, un comitato di protesta che ne blocca l’attività (a 30 giorni dalla fine) ottiene come unico risultato che lo scempio resti tale per molto tempo.

Al contrario, un comitato di salvaguardia degno di tal nome si occuperebbe in primis a fornire una corretta informazione sui fatti alla comunità, a verificare la correttezza degli accordi tra le parti, contrattare (ove possibile) i termini di ripristino in funzione di particolari esigenze della comunità e, alla fine dei lavori, vigilare sulle opere di ripristino per verificarne la conformità.
Dimostrando così di voler realmente tutelare gli interessi della comunità e non altro.
Giorgio Ghiglieri

La parola alle cifre.
La cava di monte “Su Crucuri” (questo è il termine cartografico esatto) non è l’unica cava esistente nel territorio di Nuraminis: ve ne sono altre tre attive ed una dismessa.
Innanzitutto il nome esatto della cava è cava “Bia Segariu” ed è catalogata come preesistente al 1989.
Questa cava, il cui identificativo sul Catasto Regionale dei Giacimenti di Cava della Regione Sardegna è 261_C (la lettera C sta a significare l’utilizzo della cava per scopi civili).

L’autorizzazione allo sfruttamento è stata data, originariamente, alla ditta COSMOTER di Foddi Vincenzo e la superficie di sfruttamento è stata determinata in 26.500 (ventiseimilacinquecento) metri quadri ed il suo nucleo originario insiste nell’immediata vicinanza del monte “Su Crucuri” (come si evince dalla mappa planimetrica della Regione Sardegna). Successivamente i diritti di scavo sono stati ceduti alla ditta F.lli Locci di Iglesias che ha ampliato l’area di scavo sulle pendici del monte “Su Crucuri”. Questa cava è stata bloccata il 13 Agosto per accertamenti burocratici da parte dell’Assessorato all’Industria della Regione Sardegna (con automatico ricorso al TAR, of course).

Da questa cava viene prodotto materiale per riempimento stradale; i dati di estrazione rilevano che nell’anno 2004 ha avuto una produzione pari a 23.067 tonnellate di materiale.
La seconda cava è quella denominata “Ferranti e Su Nuraxi“. Questa cava, la cui autorizzazione di cava è rilasciata a Podda Stefano, è situata a ridosso (per non dire circonda) dei resti del nuraghe denominato, appunto “Su Nuraxi“. Estrae materiali inerti per conglomerati ed è identificata col codice 374_C; ha una superficie di cava prevista di 43.980 (quarantatremilanovecentottanta) metri quadri, estrae conglomerati e, sempre con i dati rilevati nel 2004 ha estratto 21.539 tonnellate di materiale.

La terza cava è quella denominata “Palas de Gruttas” dove vengono estratti materiali inerti da depositi alluvionali, il suo codice di riconoscimento è 405_C ed il titolare di scavo è Porru Pietro. Ha una superficie prevista di cava pari a 39.180 (trentanovemilacentottanta) metri quadri e nel 2004 ha estratto 23.067 tonnellate di materiale. Lo stesso tanto della cava di “Bia Segariu”.

L’ultima cava attiva è quella di “Bruncu Orri” identificata come 383_I. La lettera I indica l’utilizzo della cava per l’estrazione di materiali industriali; infatti i diritti di estrazione sono della Italcementi S.p.A..E’, alla data del 31 Marzo 2004, l’unica in possesso di un’autorizzazione amministrativa da parte della Regione Sardegna (per 10 anni, dal 7 Novembre 2005 al 6 Novembre 2015). Estrae argillite ed occupa una superficie di 54.800 (cinquantaquattromilaottocento) metri quadrati e nel 2004 ha estratto 5.156 tonnellate di materiale.

L’unica cava dismessa denominata “Monte Leonaxius” vanta una superficie di 3.450 (tremilaquattrocentocinquanta) metri quadrati e risulta come area “parzialmente” rinaturalizzata (natura che riconquista i suoi spazi o ripiantumazione?).
E’ quasi superfluo fare cenno al fatto che delle quattro cave in attività non è stato rinaturalizzato (per il momento) nemmeno un metro quadrato.
Ora, se prendiamo una calcolatrice e facciamo un poco di somme, viene fuori che la superficie totale occupata dalle cave nel territorio di Nuraminis è pari a 192.750 (centonovantaduemilasettecentocinquanta) metri quadrati, ovvero più o meno la superficie di 28 campi di calcio di serie A.

Si tratta di un notevole sconvolgimento ambientale: uno stravolgimento orografico dell’ambiente bello e buono che, per quanto si possa parlare di rinaturalizzazione, ripiantumazione e quant’altro, non tornerà più come prima. E’ anche vero che, a termine di contratti di concessione, al termine dei lavori, le ditte dovranno rinaturalizzare l’ambiente che hanno devastato e quindi 19,275 ettari di verde non sono proprio da buttare via. Però c’è una cosa che mi lascia perplesso: quando finiranno i lavori?

Stando ai dati del 2007 rilasciati dalla Regione Sardegna si parla di periodi di sfruttamento di almeno 10 anni (20 per quella della Italcementi), quindi mi sorge il sospetto che i lavori di rinaturalizzazione li vedranno (forse) i miei nipoti mentre a noi toccherà continuare a sorbirci questo sconcio di natura disastrata.
Con contorno di polveri varie quando tira il maestrale.

Giorgio Ghiglieri

La cava di Monte Crucuris, sulla strada vicinale che collega Nuraminis a Villagreca è stata bloccata con un decreto sospensivo dell’Assessorato all’Industria della RAS.

Questo decreto sospensivo però non ha attinenza con eventuali scempi ambientali, riguarda un presunto vizio di forma insito nella documentazione presentata ma non vi è nessun accenno a cause di altro genere (ambiente). Trattasi di semplice vizio burocratico.

Ciò significa che, per quanto riguarda l’aspetto ambientalistico la cava ha tutto il diritto di esistere e continuare (sic).
Come è possibile questo?
Sono andato a studiarmi la legislazione attuale sulla coltivazione di cave (altro termine meno brutto non l’hanno evidentemente trovato…) e più o meno la situazione è questa:
1- Sulla coltivazione di cava la RAS ha la giurisdizione esclusiva.

2- Possono essere utilizzate le cave preesistenti al varo della legge Regionale anche se inserite nei PUC locali in zone di tutela.
Risulta ovvio che, nel caso in cui vengano rilevate in esse situazioni particolari (scoperta di siti archeologici o fossili), queste ricadono in un quadro di tutela che ne inibisce automaticamente l’utilizzo.

3- La concessione di sfruttamento di una cava è subordinato al ripristino dell’area mediante piantumazione e messa in sicurezza del sito. A tale scopo la RAS obbliga la ditta beneficiaria ad un deposito cauzionale (fidejussione) a garanzia del ripristino dei luoghi. In parole povere, nel caso in cui, per qualsiasi ragione la ditta non mantenesse fede a tale impegno, la RAS utilizzerebbe la somma depositata a titolo cauzionale per avviare il ripristino dei luoghi.

4- La concessione di cava è, ovviamente, subordinata alla presentazione di un progetto dettagliato di operatività e di ripristino che deve passare al vaglio di almeno tre assessorati prima di avere il nulla osta e viene trasmesso, per conoscenza a tutte le amministrazioni interessate. Compresa l’Amministrazione Comunale nella cui area è sita la cava (Leggere: Amministrazione Comunale di Nuraminis).

5- A giugno la RAS ha promulgato una legge che impone a tutti i titolari di concessione di scavo la presentazione di un certificato di impatto ambientale (entro il 16 Novembre 2008), senza il quale qualsiasi attività viene bloccata

Per quanto, dal punto di vista ambientale la cosa possa essere considerata paradossale, queste sono le leggi che regolano il funzionamento delle cave. Difatti risulta alquanto difficile da pensare che si possa ripristinare lo stato preesistente un’area che viene scavata (anche in modo pesante); è normale che, nella maggior parte dei casi sia impossibile ripristinare lo status quo ante ma verrà, come si suol dire, adattata l’area scavata.

Però queste leggi non sono, se andiamo a ben vedere, così assurde, vi sono dei contrappesi che ne limitano le possibilità di sconvolgimento ambientale totale (o, quantomeno cercano di metterci una pezza).

Il fatto stesso che sia obbligatorio il ripristino dei luoghi mediante piantumazione attenua (se così si può dire) l’impatto della modifica ambientale; ovviamente la piantumazione e messa in sicurezza dei luoghi segue delle direttive ben precise le cui linee guida sono dettate dal Corpo Forestale che si fa carico anche delle visite ispettive per verificare che vengano rispettare le regole.

Dato che, chi ha buona memoria ricorda, è capitato spesso che varie ditte, al momento in cui si è trattato di ripristinare i luoghi (quindi spendere) siano sparite nel nulla lasciando degli scempi che tutti noi possiamo ancora vedere in giro per la Sardegna, la RAS ha subordinato al rilascio della licenza, un deposito cauzionale (cospicuo) su cui rivalersi nel caso in cui le ditte non possano o non vogliano rispettare l’ultima parte del contratto.

La materia della coltivazione di cava è, come avrete potuto leggere, quantomeno controversa e cozza, comunque, con qualsiasi visione di tutela ambientale tesa a mantenere lo status quo geografico; questa controversia dà, comunque, spazio a diverse interpretazioni ed offre il fianco, oltre alle proteste genuine delle comunità in cui ricadono queste aree, anche a moti di protesta cavalcati ad arte per interessi che nulla hanno a che fare con la tutela degli interessi della comunità.

Infatti non dimentichiamo che, per il rispetto dell’ultima parte del contratto che autorizza l’usufrutto delle cave, ovvero il ripristino dei luoghi, è necessario realizzare delle opere che creano dei posti di lavoro, la stragrande maggioranza delle volte in loco, ovvero utilizzando maestranze locali (questo sia per ragioni economiche che per politiche che definirei “parzialmente risarcitorie”).

Senza stare a nascondersi dietro un dito, tutti noi sappiamo che i posti di lavoro, stando alla crisi attuale, sono una fonte di clientelismo notevole ed avere la possibilità di poter “manovrare” eventuali assunzioni conferisce un immenso potere (politico) a chiunque possa assicurare (millantare?) un posto di lavoro in aree dove il lavoro manca.

Il solito gioco di potere che, spesso, a furia di inutili prove di forza, lascia sul terreno solo delle rovine che nessuno si prenderà mai la briga di ricostruire. Meno che mai i capipopolo delle (presunte) proteste popolari nate, il più delle volte da una mancanza di corretta informazione.

Difatti troppe volte al cittadino comune non viene dato il diritto di conoscere le cose nella loro interezza e si deve accontentare di brandelli di notizie (spesso aleatorie) e prestandosi, quindi troppo spesso, a manovre fatte sulla propria pelle.
Mi verrebbe da dire: come pedine.
Ma forse esagero…..

Nota: Tutta la parte riguardante leggi & regolamenti è volutamente semplificata in modo tale risulti più facilmente comprensibile lo schema legislativo.

Giorgio Ghiglieri

Nell’articolo precedente ho parlato delle ecosculture di Federico Zara.
Ovviamente, per quanto sia possibile descrivere a parole queste ecosculture vale sempre il detto per cui vale più un’immagine di cento parole. Quindi con l’aiuto di Giorgio Ghiglieri abbiamo realizzato un video di presentazione delle opere di Federico e, oltre ad averne curato la realizzazione in DVD, ne abbiamo messo i contenuti in rete in modo tale che chiunque di voi non possa visitare la sua mostra personale che si terrà durante i festeggiamenti di San Lussorio a Nuraminis dal 20 al 24 agosto, potrà vedersi comodamente alcune delle sue sculture luminose comodamente seduto davanti al computer.
Comunque non è una buona scusa per non visitare la mostra.
A meno che non abitiate in Australia….
Buona visione.

E’ bello vedere, nell’imperante piattume artistico un artista che emerge dal piattume utilizzando il pattume.
Scusate l’improbabile gioco di parole ma per parlare di questo artista assolutamente originale e fuori dal coro avevo bisogno di un’introduzione fuori dai comuni canoni introduttivi.
Quasi per caso mi sono imbattuto in un personaggio veramente originale, fuori dagli schemi canonici e con idee e concetti ben chiari in testa tanto è vero che l’intervista, partita con domande atte ad estrinsecare il fattore artistico hanno virato verso un discorso globale sulla pollution (inquinamento) che ci sta sommergendo.
Vista a posteriori era quasi scontato che un artista che si esprime riutilizzando materiali di scarto (eufemismo per definire il riutilizzo di spazzatura ancorchè tecnologica) avesse le idee ben chiare sulla situazione dell’inquinamento da rifiuti.
Questo cappello per presentare Federico Zara (from Nuraminis): attore teatrale e realizzatore di ecosculture.
Di Federico Zara attore teatrale ne parleremo un’altra volta. oggi ci occupiamo del Federico Zara “ecoscultore”.
Vediamo di capire il termine “ecoscultura” al di là della mera traduzione in scultura ecologica; Federico realizza delle sculture luminose utilizzando (detta brutalmente) parti di apparati elettronici od elettrici che si possono trovare in qualsiasi discarica o cassonetto. Per capirci, utilizza i vecchi videoregistratori, computer, stampanti, aggeggi elettronici che noi riteniamo oramai inutili e gettiamo via e li riporta a nuova vita dando loro nuove sembianze assolutamente diverse da quelle primigenie.
Detta così la cosa sembra semplice ma sono sicuro che anche voi restereste stupiti nel vedere una lampada dalle sembianze di androide e poi scoprire che è stata realizzata con i pezzi di una stampante o di un videoregistratore riassemblati in maniera assolutamente originale ed irriconoscibile. Le sculture luminose di Federico hanno tutte un comune denominatore: sono realizzate completamente con parti riciclate ad esclusione, ovviamente, delle vernici. Ad un’attenta occhiata alle sculture si nota la pazienza certosina e l’immenso lavoro investito in ogni singola realizzazione: ogni singolo pezzo è reinterpretato e rivisitato secondo l’estro ed il gusto dell’artista e ritrova una nuova vita reincarnandosi in qualcosa di assolutamente inedito e non più riconoscibile come parte originale.
Federico, non facendo parte della categoria degli “artisti omologati”, vive ai margini (si fa per dire) della vita ufficiale della “cultura in quanto tale, bisognosa di certezze mascherate da blande provocazioni”; insomma è “fuori dal giro che conta” non avendo, cosa importantissima in tutte le attività, padrini o referenti che lo possano lanciare nel panorama artistico.
E’ un po’ la vita dell’artista di periferia, contento di se stesso e delle sue scelte che guarda, forse con un pizzico di invidia, i suoi “colleghi” più famosi (e col conto in banca più stabile) ma vive benissimo la sua vita senza rimpianti e, anche se sostiene il contrario, porta avanti le sue idee e i suoi messaggi sul pericolo della distruzione della società ad opera degli stessi rifiuti che noi produciamo.
Il messaggio è lampante vedendo le sue opere realizzate con la sua tecnica particolarissima e l’originale materia prima utilizzata.
Le ecosculture di Federico sono una denuncia (nemmeno tanto velata) della superficialità che avvolge la società attuale, oramai completamente intossicata dal consumismo. Buttiamo tutto perchè abbiamo la smania del nuovo: buttiamo il vecchio videoregistratore perchè bramiamo l’ultimo modello con due lucette in più, gettiamo nel cassonetto il telefonino dopo sei mesi in quanto l’ultimo modello ha due suonerie in più; buttiamo tutto quello che non è nuovo decretandone la loro fine definitiva e, cosa ben più grave aumentiamo la quantità di rifiuti in giro per l’ambiente disinteressandoci di dove vanno a finire con l’egoistico pensiero che tanto ci penserà qualcun altro a risolvere il problema.
Pur essendo, come dicevo sopra, un’aperta denuncia alla pollution, le ecosculture di Federico sono, soprattutto, dei begli oggetti da vedere ed avere in casa come complementi di arredo; personalmente li vedrei bene in certi arredamenti hi-tech oppure molto classici.
Nonostante la veneranda età (ha superato i trenta anni), Federico è alla sua prima mostra personale, difatti, in concomitanza con i festeggiamenti di San Lussorio a Nuraminis, espone i suoi lavori in una mostra personale nei locali del Monte Granatico.
Perchè una personale dopo tutto questo tempo? Semplice: realizzare una mostra personale ha un costo molto elevato e se un artista, come scrivevo più sopra, non ha un mecenate è molto difficile che possa realizzare una mostra.
Questa volta il mecenate è stato trovato sotto le spoglie di qualche amministratore comunale.
E poi?
Ah, quasi dimenticavo: la mostra è aperta dal 20 al 24 agosto.
A Nuraminis. Naturalmente.

Il posto è sempre lo stesso e le due foto sono state scattate a 15 giorni di distanza (l’ultima è del 22/07/2008).

Caro governatore Soru. considerando il fatto che l’attività di coltivazione di cava è di assoluta competenza della Regione Sardegna, quindi Lei è il diretto responsabile di quanto si può vedere (visibilissimo dalla SS 131 quindi da tutti), cosa ha da dire al riguardo?

E voi che ne pensate?

Pubblico un articolo scritto  per il sito iSardi che affronta il tema dello stato dei siti archeologici nella Zona di Nuraminis-Samatzai.

“Il patrimonio archeologico di Nuraminis è un bel patrimonio, purtroppo non è conosciuto da molti, anzi da quasi nessuno”.
Con queste parole, dette dal primo cittadino di Nuraminis, il sindaco Luciano Cappai, inizia il viaggio tra i reperti archeologici dimenticati nell’area compresa tra Nuraminis e Samatzai, paesi della provincia di Cagliari distanti poco meno di 30 Km dal capoluogo.

E’ un viaggio che mostra l’assoluto stato di disinteresse per i (notevoli) beni archeologici esistenti nel territorio che nessuno conosce e nessuno si prende la briga di valorizzare.
Ma andiamo con ordine.

Il sindaco Cappai racconta che tra il 2000 ed il 2004 qualcosa per il patrimonio archeologico di Nuraminis è stato fatto; per l’esattezza, mediante uno stanziamento di 70 milioni delle vecchie lire, è stato commissionato alla Soprintendenza Archeologica di Cagliari un censimento dei siti archeologici sul territorio. E’ stata redatta una carta con l’ubicazione dei siti, le schede descrittive e tutta la documentazione dei rilevamenti; tutto il materiale è stato consegnato all’Amministrazione comunale.

In questa occasione è stata anche scavata e studiata una tomba bizantina di notevole pregio (scavi condotti dalla Dr.ssa Donatella Salvi) che poi ha finito per essere ricoperta da una piantagione di fave.

Dopo questo lavoro di censimento, presentato in un convegno svolto localmente, più nulla.
Numericamente parlando, i siti censiti, secondo le dichiarazioni dell’amministrazione sarebbero 20 mentre, da mie informazioni risultano 36, per dirimere questa discrepanza occorrerebbe la documentazione allegata al censimento ma, al momento, non è possibile averne una copia da consultare.

Sempre in tema di discrepanze, parlando col Sindaco al riguardo dei vincoli di tutela archeologici, ha affermato che quelli posti dall’amministrazione sono più stringenti rispetto a quelli apposti dalla Soprintendenza Archeologica.

Cosa esattissima e rispondente alla realtà in quanto, sul territorio di Nuraminis non esiste nessun vincolo di tutela apposto dalla S.A.; notizia che, a quanto sembra, ha lasciato di sasso il Sindaco.

il fatto è gravissimo per tutta una serie di conseguenze che comporta: la mancanza di decreti di vincoli (diretti o indiretti) fa si che i resti delle strutture archeologiche presenti siano assolutamente indifese.

Per meglio capirci: se qualcuno (ad esempio) decidesse di portare via le pietre di un sito nuragico esistente nel suo terreno per farci un muretto a secco altrove, potrebbe farlo benissimo. Non è un bene tutelato.

Difatti, non esistendo vincoli , la S.A. ammette implicitamente che questi siti, pur essendo stati censiti, non hanno una valenza tale da essere tutelati quindi non sono importanti.

Per cui chiunque può farne l’uso che meglio crede e, sapendo l’abbondanza di cave presenti sul territorio, quasi tutte a ridosso (se non sopra) i siti archeologici, non occorre molta fantasia per capire quale destino attenda questi siti.

Giusto per capire che cosa la Soprintendenza Archeologica ha giudicato non degno di vincoli, potrei parlare di un protonuraghe (ne esiste un altro soltanto, se non erro, a Bonnannaro), almeno altri 6 nuraghi, domus de janas, pozzi sacri, strutture megalitiche, fossili, tombe bizantine e villaggi tardomedioevali.

Un patrimonio immenso di storia e risorse per il paese lasciato in balia di se stesso.
Mentre il sindaco Cappai, pur ammettendo lo scarso interesse nei tempi passati da parte dell’amministrazione riguardo le enormi risorse archeologiche, secondo le sue dichiarazioni, si sta attivando per dare vita a situazioni di recupero del patrimonio abbandonato e dimenticato da tanti annni, le restanti istituzioni restano in religioso silenzio quasi il problema non riguardi i loro compiti.

La Soprintendenza in cui, causa un terremoto organizzativo proveniente dal Ministero, non si trova un referente a pagarlo a peso d’oro; la Soprintendenza Regionale in cui, sembra, nessuno sappia che fare (consiglio datomi: rivolgersi alla S.A.); l’Assessorato (omnicomprensivo) alla Cultura, che non risponde alle mail, il Corpo Forestale (che dovrebbe vigilare sulla tutela dei beni ambientali) il cui responsabile è irrintracciabile da settimane, le associazioni ambientaliste e di tutela dei beni ambientali, dissolte nel nulla.
Un desolante deserto di disinteresse e, quel che è peggio, di mutismo.

Se a Nuraminis la situazione è questa, a Samatzai va ancora peggio.
Pur avendo, anche questo paese, un notevole numero di siti archeologici esistenti, non ha mai mai visto, nemmeno da lontano, un funzionario e/o un archeologo della Soprintendenza Archeologica di Cagliari.

A nessuno sembra interessare il fatto che questi siti, oltre che essere da sempre preda di indisturbati tombaroli che ne hanno, oramai, saccheggiato la maggior parte, sono accerchiati dalle cave che triturano le colline per produrre materiale per fondi stradali. La cosa è universalmente nota ma tutti fanno finta di non sapere niente.
Oltre la propria scrivania l’ignoto.

Eppure le Soprintendenze (Archeologica e Regionale) dovrebbero avere personale sul territorio, referenti e responsabili messi lì a vegliare sulle sorti di un patrimonio che, a parole, dicono di dover (e voler) difendere, cadono dalle nuvole quando si espone questo problema e, cosa ancora più allucinante è che non muovono un dito per andare a verificare: aspettano di ricevere una documentazione su quanto denunciato per vagliare, ponderare, soppesare e (qualche volta) decidere.

Ma alla fine, fatti alla mano, il più delle volte le cose restano così come sono.
Con buona pace del nostro patrimonio archeologico che, pezzo dopo pezzo, prende altre strade che non sono quelle della pubblica fruizione.
E nessuno ne è responsabile.

Giorgio Ghiglieri

Non si finisce mai di stupirsi.
Reduce dall’ennesima passeggiata a Su Nuraxi (che vi racconterò quanto prima) continuo ad imbattersi in una marea di vestigia antiche, ai più sconosciute.
La cosa incredibile è che tutti i siti archeologici sull’agro di Nuraminis sono stati catalogati anni orsono dalla Soprintendenza Archeologica di Cagliari per conto dell’Amministrazione del Comune di Nuraminis e poi dimenticati.

Esiste anche un sito internet (lentissimo) dove sono descritti parte di questi siti archeologici con addirittura i percorsi da fare per poterli visitare.
Purtroppo questo sito web è praticamente irragiungibile nel senso che ci si arriva (forse) solo dopo una ricerca su Google sapendo quello che si cerca (oppure per sbaglio).
Per il resto non esiste neppure uno straccio di cartello che indichi l’ubicazione, si va per sentito dire o, se preferite, all’avventura (magari chiedendo informazioni a pastori o agricoltori nell campagne).
E’ incomprensibile.

In un periodo dove i posti di lavoro scarseggiano e l’economia è asfittica, l’avere tanto ben di Dio archeologico è un po’ come aver fatto 6 al Superenalotto.
Valorizzati come si deve questi siti possono portare molti posti di lavoro (cantieri di scavo) e tanto turismo, quindi un incremento economico del paese, cosa che, di questi tempi, non è da buttare via.

Ma questo sarà oggetto di un prossimo articolo.
Torniamo ai nostri siti e ad uno in particolare: la tomba bizantina del VII-VIII secolo, preziosissima e fatta anche oggetto di studi e (se non ricordo male) parzialmente restaurata, attualmente si trova sotto una piantagione di fave.
Invece il pozzo sacro di Santa Maria adesso ha cambiato professione: attualmente fa la discarica abusiva.
Ma si può?